Donne  che  aprono  le  porte:  Etty Hillesum

 

Etty Hillesum visse gli anni della sua crescita spirituale durante la seconda guerra mondiale.

Nacque nel 1914 a Middelburg in Olanda da famiglia ebrea, successivamente si trasferisce ad Amsterdam, dove si laurea in giurisprudenza nel 1939. Si iscrive poi alla facoltà di lingue slave, impartisce lezioni di russo e si interessa anche agli studi di psicologia. Grazie a questi interessi incontra l’uomo che la indirizzerà verso un cammino di analisi interiore e spiritualità: Julius Spier. L’intenso rapporto con Spier, allievo di Jung nonché fondatore della Psicochirologia, disciplina che studia la psiche di una persona partendo dall'analisi delle linee delle mani, la spinse a dedicarsi  a un’incessante ricerca dell’essenziale in aperto contrasto con il tempo storico che viveva, così fortemente inumano.  Diventa sua paziente e assistente, compagna intellettuale.

In quegli anni anche in Olanda gli ebrei erano perseguitati e privati poco alla volta delle libertà che stanno alla base della dignità umana.  

Etty segue un percorso personale che la porta ad accettare il dolore della guerra e del suo destino, si spinge fino al rifiuto  della  salvezza per condividere il destino crudele di altri uomini e donne come lei: «Avevo imparato a leggere in me stessa e così ero in grado di leggere anche negli altri. Era proprio come se le mie dita sensibili sfiorassero i contorni di questo tempo, e di questa vita. Com’è possibile che quel pezzetto di brughiera recintato dal filo spinato, dove si riversava e scorreva tanto dolore umano sia diventato un ricordo così dolce? Che il mio spirito non sia diventato più tetro in quel luogo, ma più luminoso e sereno?»

 Lascia la sua testimonianza di guerra in otto quaderni che percorrono il 1941 e il 1942, due anni di preparazione al dolore ma soprattutto di crescita interiore. Nei suoi scritti è tracciato ogni passo verso la consapevolezza della propria esistenza in un continuo dialogo con il divino, Etty si rivolge a Dio come a se stessa. Vive in un misticismo che riempie ogni sua parola o gesto, vedeva Dio in se stessa e in ogni altra persona, da qui la sua incapacità di odiare i nazisti, anzi riesce a vedere in loro la mancanza di libertà di pensiero: «Non possono farci niente, non possono veramente farci niente. Possono renderci la vita un po’ spiacevole, possono privarci di qualche bene materiale o di un po’ di libertà di movimento, ma siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori col nostro atteggiamento sbagliato: col nostro sentirci perseguitati, umiliati e oppressi, col nostro odio e con la millanteria che maschera la paura». Una fede che impregna le sue azioni di altruismo e compassione, cercando anche a Westerbork, il campo di concentramento di transito per la Polonia, di aiutare le persone che condividono con lei questa tragica esperienza. Il 5 giugno 1943 Etty torna al campo di Westerbork: rifiuta l'aiuto che molti suoi amici le offrono per nasconderla e sfuggire così alla persecuzione nazista. Morirà ad Auschwitz il 30 novembre 1943.

 

 

«Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore».

 

 

Martina