Articoli scelti dalle Agorà

L  ‘agora’

 

NOTIZIARIO DEL Ce.R.S.

Via Filippo Turati, 78 – Limbiate

 

ANNO 31°                N. 51                    Ottobre 2022

 

FINCHE’ NON APRIRAI QUEL LIBRO                               Di Michiko Aoyama

 

Quando entro in una libreria generalmente non ho in mente l’acquisto di un libro in particolare,

mi lascio coinvolger dal titolo e dalla copertina.

Possiamo dire che è il libro che sceglie me e così è stato per “Finchè non aprirai quel libro” di Michiko Aoyama.

 

Il libro è ambientato in Giappone e racconta le storie di quattro persone , ognuna con i suoi problemi di vita,  come smarrire la serenità o avere un sogno ma non riuscire a realizzarlo e restare sempre in attesa del momento giusto.

 

La neo mamma che con la nascita della sua seconda bambina vede infrangersi il suo desiderio di far carriera nel lavoro.

Il pensionato che si ritrova tra le mura di casa concentrato solo su se stesso e non riesce a vedere nuove possibilità.

Per vari motivi si recano in biblioteca e lì incontrano la signora Komachi  che consigliando di leggere un libro riesce ad indicare loro la strada giusta grazie al potere mai sopito dei libri.

Ognuno di loro esce dalla biblioteca con un libro tra le mani, un libro che non avevano chiesto  che forse non sospettavano neppure di trovare qualcosa che li potesse interessare.

 

Quel libro che si sono portati a casa, lì sulla mensola in attesa di essere scoperto  poteva aiutarli a modificare il paradigma dei loro pensieri, del loro triste umore?

Con grande stupore si resero conto che non appena iniziarono ad addentrarsi nella lettura avvenne il cambiamento tanto desiderato, attraverso la lettura iniziarono a modificare il flusso dei loro pensieri tanto da risvegliare la voglia di vivere dentro di loro.

 

La vita è un continuo movimento, infatti basta una sola mossa per vedere che tutto intorno a noi inizia

a muoversi. Il libro giusto può farti sentire speranzosa sul domani, può darti la possibilità di confrontarti con sentimenti che non sapevi di avere.

 

Bisogna imparare a guardare oltre e scorgere il sole che  filtra dalle nuvole.

 

Buona lettura

 

 

                                                                                                               Silvana

VOLTIAMO PAGINA

 

Iniziamo questo nuovo anno sociale proprio con questo spirito.

Abbiamo una nuova sede, abbiamo tante nuove idee, così  dopo trentuno  anni ci siamo trasferiti sotto l’egida dell’amore, infatti siamo in Via Ovidio, angolo Via Filippo Turati.

Ovidio il cantore dell’amore,  nel suo cantare l’amore è partito dalla giovinezza degli impulsi amorosi che interessano il desiderio carnale, la passione spiegata bene dallo Swadisthana cakra e, salendo nell’età  ci ha parlato dell’amore più maturo fino a considerare tutti gli aspetti dell’amore, quello genitoriale, amicale, quello fraterno.

Parlando dell’amore ci si può estendere a tutte le questioni della vita, l’amore è quel sentimento che “fa muovere le stelle” disse il creatore della nostra lingua ed in effetti l’amore è poesia, è ispirazione divina non per niente i padri della nostra cultura eleggevano i propri rappresentanti tra i poeti, gli unici in grado di mettersi in contatto con gli dei.

E poi abbiamo anche il Filippo Turati che ha espresso la sua potenzialità di amare attraverso la politica, era un giornalista, diventato senatore e fautore del socialismo. In un mondo antico, fatto di privilegiati per nascita e di plebei,  portò le sue teorie innovative basate sui diritti degli esseri umani ad una vita riconosciuta,  fatta di diritti e di doveri. Parlava di mediazione, di una rinnovata  consapevolezza che avrebbe portato l’umanità ad una idea di socialismo condiviso.

Bei concetti che aprono prospettive  di umanità, di rispetto, di condivisione che vanno al di là della politica.

 

Dove un posto migliore di questo per il nostro terzo rinnovamento? Noi che parliamo di positività, di consapevolezza, di ricerca dell’equilibrio dentro di noi come trampolino per un equilibrio con chi e con cosa

ci circonda?

La nostra nuova sede  è proprio nuova nel suo interno, ci è stata consegnata totalmente rifatta: finestre, pavimenti, impianto elettrico e tutto quello che ne compete. A noi il compito di generare al suo interno quelle vibrazioni positive che hanno sempre caratterizzato i nostri ambienti.

 

Ma è proprio così semplice lasciare il vecchio per il nuovo?
Eravamo fieri del nostro posto, ci piaceva, l’avevamo ristrutturato solo 8 anni fa adattandolo alle nostre esigenze, ci siamo restati per ventisei anni: una vita!! Quel luogo ha visto i nostri cambiamenti, qualcuno di noi ha varcato quella soglia da giovincello ed ora si ritrova maturo, alcuni anche ormai pensionati, abbiamo condiviso i nostri progressi e anche (forse spesso) i nostri dispiaceri  in tutte le sue sfumature.

Quante iniziative sono fiorite là dentro, feste, conferenze, il nostro prezioso laboratorio artistico con la vendita annuale di beneficenza, le gite e i pellegrinaggi.

 

Purtroppo o fortunatamente si era creato un “conflitto di interessi” con la proprietà, una inaccettabile chiusura  reciproca  che ci ha messo nella condizione di prediligere la via del cambiamento di luogo piuttosto che dei  valori.

Avremmo dovuto rinfrescare i locali,  fare i conti con la situazione contingente che non prevede nulla di buono, trovarci in una grave incertezza del prossimo futuro…..

Piccole cose che diventano come montagne insormontabili, come nella vita. In questi ultimi anni molti di noi  si sono trovati a fare i conti col voltare pagina, taluni magari non ci sono ancora riusciti, come andare oltre al proprio vissuto intrecciato con quello di altre persone amate che ora non fanno più  parte della nostra vita.

 

L’aver costruito giorno dopo giorno rapporti di amore coniugato in tanti modi: fraternità, amicizia, compagni di vita, figli, tutti quegli altri che si son resi visibili nella nostra vita e constatare che alcuni di questi non esistono più e nel contempo sentire che è necessario andare avanti come in una marcia infinita affiancati dai soliti compagni di viaggio ma senza quei compagni che non ce l’hanno fatta richiede una elaborazione non facile e anche una certa fede nelle ragioni della Vita.

 

Come aiutare questa elaborazione? Spesso siamo così presi dalla routine del nostro quotidiano e di condizionamenti esterni che non troviamo il modo di consolarci vicendevolmente.

 

Non a caso neppure terminata una delle maggiori cause di sofferenze mondiali , il Covid, è scoppiata una nuova e più pericolosa guerra.

A livello globale forse questa guerra rappresenta una fase dell’elaborazione del lutto dell’umanità così come il nostro pianeta in fondo reagisce al lutto per la perdita di tante diversità di vite, di tanti soprusi, di tante violenze che sta subendo. Il pianeta sta piangendo, sta ribellandosi al lutto che subisce in questi ultimi decenni ma, come per ognuno di noi, dopo continui sforzi di adattamento avvieremo tutti il necessario rinnovamento, voltiamo pagina.

 


Alcune frasi di Filippo Turati:

La  ferocia dei moralisti è superata soltanto dalla loro profonda stupidità.”

“Le libertà sono tutte solidali. Non se ne offende una senza offenderle tutte.”

“Si vis pacem, para pacem” (se vuoi la pace, prepara la pace)

 

Alcuni versi di Ovidio

Beato colui che ha l’ardire di difendere ciò che ama

Sii amabile, se vuoi essere amato.

 

Tutto cambia, anche noi cambiamo con le cose.
Fragile bene è la bellezza; quanto più si avanza negli anni,
essa decresce, e dal cammin del tempo viene distrutta.
Anche noi fiorimmo un giorno, ma quel fiore era destinato ad appassire.

 

DESIDERATA

 

Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.

Finchè è possibile senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone.

Dì la verità con calma e chiarezza; ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti, anche loro hanno una storia da raccontare.

 

Evita le persone volgari ed aggressive, esse opprimono lo spirito, se ti paragoni agli altri corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine perchè sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te.

Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti.

Conserva l'interesse per il tuo lavoro, per quanto umile è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo.

 

Sii prudente nei tuoi affari, perchè il mondo è pieno di tranelli.

Ma ciò non accechi la tua capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali e dovunque la vita è piena di eroismo.

 

Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti e neppure sii cinico riguardo all'amore, poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l'erba.

 

Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall'età, lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza.

Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l'improvvisa sfortuna ma non tormentarti con l'immaginazione.

Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.

 

Al di là di una disciplina morale sii tranquillo con te stesso: tu sei figlio dell'universo, non meno degli alberi e delle stelle tu hai diritto ad essere qui.

 

E che ti sia chiaro o no non vi è dubbio che l'universo ti si stia schiudendo come dovrebbe perciò sii in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita.

 

Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti è ancora un mondo stupendo.

 

Fai attenzione: cerca di essere felice.

 

 

TROVATA nell'ANTICA CHIESA di SAN PAOLO

 

A BALTIMORA DATATA 1692

Spazio yoga

 

Astanga yoga e hatha yoga

 

L’astanga yoga, letteralmente lo yoga dagli otto rami, rappresenta la teoria yoga codificata da Patanjali. Per taluni Patanjali viene considerato un Rshi, vissuto nella notte dei tempi, un semidio raffigurato nella iconografia induista come un uomo che dalla vita in giù è serpente, per altri doveva essere uno sciamano vissuto in tempi storici o forse no. Per gli indiani non contava molto datare gli eventi, le tradizioni si tramandavano nelle scuole religiose quando il discepolo era pronto a ricevere l’insegnamento. L’intento era stimolare la memoria degli allievi in modo che le nozioni penetrassero nella profondità dell’essere e si trasformassero in conoscenza. Sembra assodato che Patanjali, considerata la confusione che poteva crearsi con il sistema tradizionale, lasciasse per iscritto la teoria della yoga, intendendo con il termine “yoga” la disciplina necessaria per raggiungere la propria purificazione. Quindi trasferì sulla carta quello che nelle scuole di pensiero induiste si insegnava, lo fece utilizzando il sistema in uso, ovvero attraverso gli aforismi. Le vie per raggiungere la crescita interiore nonché la saggezza secondo Patanjali sono come i rami di un albero. L’albero cresce grazie ad un piccolo seme caduto naturalmente a terra, prima sottile virgulto poi, grazie all’azione del sole, dell’acqua e delle sostanze della terra , cresce si rafforza fino a divenire un grande albero con forti rami carichi di foglie, fiori, frutti che a loro volta daranno la vita, il sostentamento ad altre forme di vita in un continuo divenire. Così anche l’albero uomo per raggiungere la sua pienezza umana necessita dell’azione di questi otto elementi che, grazie al seme della consapevolezza che ogni essere umano si porta nel proprio bagaglio genetico, svilupperanno la crescita interiore. Il primo ramo rappresenta lo stile di vita, così ci raccomanda Patanjali, un ramo che si biforca in Yama: Non violenza, non mentire, non rubare, castità, perdono, la tolleranza, la compassione, l’umiltà, la pulizia, una dieta equilibrata; e Niyama: la disciplina, la pazienza, la fede in Dio, la carità, l’adorare Dio, letture di testi sacri, usare al meglio l’intelligenza, il rigore. - Secondo alcuni testi, queste sono le regole essenziali da raggiungere prima di dedicarsi all’hatha yoga. Fortunatamente Patanjali, ottimo conoscitore dell’animo umano, pratica la tolleranza e invita a raggiungere queste mete contemporaneamente allo svilupo degli altri rami. Il terzo ramo è rappresentato dagli asana, posizioni fisiche che hanno lo scopo di allenare la mente al controllo del corpo oltre a renderlo agile e sano. Il quarto ramo è quello del Pranayama, ossia il controllo del prana attraverso il controllo del respiro e dei polmoni. Il quinto ramo si dispiega nel Pratihara che significa ritirare i sensi all’interno di noi diventando così consapevoli di tutto ciò che accade al nostro corpo. Passiamo al sesto ramo: Dharana, la capacità di concentrazione, quando la nostra consapevolezza si dirige su un unico oggetto sperimentiamo la nostra capacità di concentrarci con tutto ciò che questo significa, è nella concentrazione profonda che possiamo risvegliare in noi intuizioni e ispirazioni. Settimo ramo: Dhyana, meditazione. Ci sono molti modi di meditare, ci dice Patanjali, da quello legato alla nostra quotidianità a quello che disvela l’Isvara, il Signore assoluto. Ottavo ramo: SAMADHI, consapevolezza superiore. Anche per questo stadio, ci viene detto che diversi possono essere i samadhi, dall’intuizione all’unione con Dio. La nostra scuola di yoga affronta tutte queste tematiche che hanno come finalità il raggiungimento della saggezza che per nostro conto significa una personale consapevolezza e una acquisita serenità interiore. Quando una persona raggiunge questo buon livello di coscienza, saprà da se stessa aderire alla forma spirituale più adeguata alla propria crescita. Per questo sviluppo dei nostri rami partiamo dalla parte più avvicinabile, on tanto perché più facile ma perché è nel proprio bisogno che ci si avvicina allo yoga. Così l’insonnia, l’ansia, il rimuginio mentale, le paure, i piccoli disturbi psicosomatici ci inducono a percorrere questa strada o una sua parte. Potremmo dire che tutti questi disagi sono uno stimolo per scoprire il mondo infinito dello spirito dentro di noi. Le sedute di hatha yoga risultano un perfetto esempio di come dovremmo affrontare il nostro quotidiano, col dovuto distacco e con l’atteggiamento dell’esploratore in una foresta inesplorata, interessato e attento.

 

 

Franca Pogliani  

 

 

IL CODICE DELL’ANIMA

Di James Hillman

 

Hillman, psicanalista junghiano,  ha apportato una visione  moderna dell’anima elaborando le visioni già in parte espresse dal mondo antico.

Nel suo testo parte dall’idea ellenistica di Moira, la triade superiore a qualsiasi divinità  che irresistibilmente ci spinge verso lo srotolare della nostra vita al di là di ogni nostra  volontà, moralismo, convenienza.

Moira  è formata dalle tre Parche: Cloto, la filatrice che con trama e ordito tesse la vita di ogni essere, Lachesi, colei che imprime la scelta fatta nel  tessuto della vita e infine Atropo, ciò che permetterà  all’essere la trasformazione attraverso la morte.  Non molto diversamente dalla  triade induista formata da Brahma, il creatore, Visnu il conservatore e Shiva il trasformatore. Se poi ragioniamo sulla trinità cristiana possiamo notare una certa somiglianza tra il padre  che semina, il figlio che raccoglie e lo Spirito Santo che riunisce le vite nello spirito.

Pertanto Hillman cerca di tradurre quell’impulso che ognuno di noi ha provato o proverà verso una scelta piuttosto che un’altra. Quell’impulso che ha dato un significato pregnante alla nostra vita.

Ci sono persone che già fin da piccoli sanno quali strade vorranno percorre nella loro vita e magari con fatica e sacrificio la percorreranno, così come altre invece nonostante i loro sforzi non ci riusciranno e verranno sospinte verso altre realizzazioni o ancora  ignorano quello che sarà ma comunque si troveranno  a trovare la loro realizzazione.

Hillman cita l’idea che  Platone esprime nella Repubblica  attraverso il  mito di Er: prima della nascita l’anima, in base ai suoi disegni sceglie un’immagine di esistenza che poi realizzerà sulla terra, le verrà  dato

un assistente, un daimon corrispondente all’immagine dell’anima. Nel venire al mondo l’anima rimane incardinata dentro di noi e il contatto con questa realtà fa sì che non ci si ricordi né dell’anima né del daimon. Platone prosegue spiegando che è il daimon a ricordare la nostra immagine con tutto quel che ne consegue, sarà lui che ci spingerà verso il nostro destino.

 

 

 

 

 

 

Concetti ripresi dal neoplatonico  Plotinio,  considerando che il mito sostiene  che siamo stati noi, nella nostra dimensione di anime disincarnate a sceglierci il nostro corpo,  i nostri genitori, il luogo e la condizione di vita più adatti  alla dea Necessità che abbiamo nel volerci incarnare o reincarnare.

 

Pertanto sarebbe necessario considerare la nostra storia tenendo conto delle idee implicite nel mito, ovvero le idee di vocazione, di anima, di daimon, di destino, di necessità,  in modo da cogliere i segnali del daimon  per cogliere le sue intenzioni, per comprendere la nostra vocazione nel nostro agire come un dato fondante dell’esistenza umana, trovare il buon senso di capire che gli accidenti della vita, comprese le malattie e i contraccolpi naturali che la carne porta con sé, fanno parte del disegno dell’immagine , sono necessari e contribuiscono a realizzarlo.

 

Hillman prosegue che si è cercato per secoli il termine più appropriato per  questo tipo di vocazione o chiamata.

I latini parlavano del nostro genius, i greci per l’appunto di daimon, i cristiani dell’angelo custode. I romantici dicevano che la chiamata veniva dal cuore, i neoplatonici parlavano di in corpo immaginale, ochema,  quale nostro personale sostegno che ci trasporta come un veicolo, c’è che parla della dea Fortuna,  chi di un genio malefico.

Per gli egizi era il ka o ba con il quale si poteva anche dialogare, per i popoli dove si pratica lo sciamanesimo è il nostro spirito, la nostra anima libera, la nostra anima animale.

 

Quasi tutte le tradizioni passate o presenti parlano dell’anima concepita come un’immagine  umana immateriale, come riferisce Platone un paradigma o forma fondamentale che abbraccia l’intero destino di una persona che non è però una guida morale né una voce  della coscienza.

 

Come si raccorda tutto ciò con il famoso libero arbitrio?

Secondo lo psicoanalista entra in campo il gioco tra le componenti della nostra personalità, per cui da un lato c’è l’impulso verso lo scopo per cui ci siamo incarnati o reincarnati determinato dalle scelte dell’anima e sostenute dal daimon,  dall’altra parte le predisposizioni fondanti della nostra personalità, quello che chiamiamo il carattere che si esplica e si evidenzia nel modo con cui facciamo quello che facciamo.

 

Risulta evidente che ci sarà stata una ragione per cui l’anima disincarnata abbia scelto di incarnarsi  e abbia scelto quindi quella determinata nazione, quella  determinata regione, quella determinata famiglia utili per la sua esperienza.

 

Il mondo vedico definisce tutto ciò con Karma, legge di causa ed effetto, per cui si conviene che le esperienze a cui noi siamo destinati nella nostra vita terrena andranno a tentare di correggere quei caratteri che ostacolano la riuscita del progetto esistenziale, in questo c’è tutta la libertà della scelta, di quel libero arbitrio di cui i grandi saggi parlano da sempre.

 

Hillman ci propone l’esempio della ghianda che è il frutto dell’albero madre, la quercia,  che contiene ed esprime  tutta la  quercità   in grado di svilupparsi in una nuova quercia ma con tutte le discriminanti dovute al luogo in cui cade, all’ambiente circostante al suo personale carattere.

 

Questi concetti esprimono il suo disappunto nel considerare che la psicologia, quale scienza  che indaga la personalità  umana nella sua normalità e nei suoi malesseri non tiene in alcun conto degli impulsi, della vocazione che può esprimere la ghianda/anima riconoscibili per l’appunto dal carattere di ognuno e perciò del come si manifesta, ovvero una persona può esprimersi  spontaneamente in una  stessa situazione attraverso la gentilezza  oppure  con aggressività  oppure con indifferenza  e in tutta una serie di atteggiamenti innati.

 

Ho voluto sottoporvi in breve questa illuminante  lettura perché ci  pone di fronte al quesito: ma esiste l’anima?  Ed esiste una vita dopo la vita?

Esiste una possibilità di darsi delle risposte soddisfacenti, qualche risposta che possiamo sentire dentro di noi, verificare con la nostra propriocezione?

 

Un metodo che io stessa ho sperimentato e da cui non mi sono allontanata pressoché mai da quando ho iniziato questo tipo di sperimentazione è la meditazione.

Si possono dare svariate definizioni sulla meditazione ma di certo è un sentirsi dentro  nel nostro essere vivi armati da nessuna aspettativa e in questa reale percezione di noi lasciare che la nostra propriocezione si dilati.

 

Esistono svariati metodi e strategie per cercare di facilitare questa esperienza,  tutti utili se accompagnati da un vero desiderio di scoprire noi stessi e quelle che, come una intuizione, ci  appaiono e sentiamo  le verità ,  possiamo così  pervenire a nostre consapevolezze, a cogliere quegli indizi che ci fanno sentire che siamo vivi.

 

 

 Franca

                                               

 

 

 

                                                                                                          

 

 

 

 

 

 

Il pensiero e il corpo

 

 

Vanno ormai d tempo ad accumularsi le prove scientifiche che sostengono il punto di vista secondo cui la fondamentale causa delle malattie è di origine psicologica.

 

Sperimentazioni ormai comprovate affermano che i disordini fisici sono dovuti dal 70 al 100 per cento all'influenza dello stato mentale ed emotivo. Si ammette sempre di più che i disturbi psicosomatici e fisiologici sono sia causati che aggravati dalla nostra reazione individuale allo stress, nonché che tali disturbi corrispondono ad un'interazione tra i fattori psicologici e fisici.

 

Lo stress è accompagnato da un'attivazione del sistema ortosimpatico del sistema nervoso. Il rilassamento al contrario mette in gioco le funzioni moderatrici della divisione parasimpatica del sistema nervoso.

Si è potuto constatare che chi pratica regolarmente il rilassamento e la meditazione reagisce rapidamente ad uno stress e il ritorno ad uno stato di calma è più rapido, inoltre è in grado di sopportare uno stress maggiore rispetto alla maggioranza delle persone.

 

La conoscenza che si ha dei nostri stati mentali ed emotivi è ancora piuttosto esigua,sappiamo però che esistono situazioni che denotano uno stress interiore.

Ad esempio la contrazione dei vasi sanguigni in seguito ad una forte emozione si traduce con il pallore del volto, una sudorazione accentuata che si definisce “sudore freddo” , il rallentamento della secrezione salivare, la dilatazione delle pupille, il rizzarsi dei capelli, il battito cardiaco accelerato, il respiro affannato, la contrazione muscolare o il tremolio delle labbra. Altre parti del corpo non rilevano perturbazioni ma tuttavia ne subiscono gli effetti negativi come ad esempio nel caso di disturbi digestivi.

 

E' stato provato infatti che le condizioni favorevoli ad una buona digestione vengono a mancare quando ci si lascia andare a sentimenti negativi quali l'angoscia, l'ansia, la collera e la paura.

La bocca secca che caratterizza una persona ansiosa chiamata a parlare in pubblico è un esempio comune dell'influenza esercitata dal pensiero sulla secrezione salivare.

In India veniva praticata la “prova del riso” per riconoscere gli autori di un crimine: veniva loro ordinato di masticare del riso consacrato, in seguito veniva loro richiesto di sputarlo su una foglia di fico. Chi rigettava il riso secco veniva considerato colpevole, perchè si aveva la prova che la paura di essere scoperto aveva bloccato la sua secrezione di saliva.

 

Oltre alle trasformazioni metaboliche che abbiamo appena brevemente accennato, certe esperienze mostrano che il rilassamento, provocando una maggior calma e consapevolezza, pone l'individuo in una condizione di maggior apertura verso se stesso e gli altri.

Inoltre il corpo e l'Anima sono entrambi influenzati dal pensiero positivo. Prestare attenzione ad una respirazione calma e ampia è il primo passo per iniziare esercizi di concentrazione, di visualizzazione e di meditazione.

 

 

 

 

La motivazione: ovvero

perchè la gente fa quello che fa

 

 

La mia riflessione su ciò che la gente fa quello che fa nasce dalla convinzione che tutto nella vita, tutto ciò che l'uomo fa è retto da una ragione, da uno scopo, qualunque sia, chiaro o recondito, voluto razionalmente o assolutamente negato.

 

Tempo fa ho avuto il piacere di conoscere Marian, un ragazzo rumeno che si guadagnava da vivere esibendosi come clown. Marian viveva a Bucarest senza fissa dimora, faceva parte di quel mondo di senza famiglia, senza casa, senza risorse che si era venuto a creare in seguito alla rivoluzione rumena degli anni novanta, finchè un famoso clown di passaggio a Bucarest si accorse di quel piccolo mondo di furfantelli che proliferava ai margini della società.

A fatica conquistò la loro fiducia e poi incominciò ad insegnare loro i suoi trucchi di prestigiatore e di comico. Marian da diseredato, senza futuro e senza famiglia potè così crescere insieme ad altri come lui, sentendosi amato e fiducioso nel futuro suo e dei suoi fratelli di sventura ed ora se ne va in giro per il mondo guadagnandosi da vivere col suo lavoro da prestigiatore e da clown e testimo- niando l'immenso valore della condivisione e della fiducia.

 

 

Ma cosa spinse l'uomo di spettacolo, ricco e famoso che non era stato invitato a Bucarest da questi ultimi a farsi carico di loro? Certamente si trovava in quella città per esibirsi nelle sue performances. Di sicuro era molto lontano dal prevedere cosa si sarebbe scatenato in lui!!!

 

Ciò che lo spinse, come ebbe modo di spiegare, era la necessità di dare sfogo alle forti emozioni provate alla vista di questi scugnizzi che uscivano fuori dalle fogne come topi. Una emozione carica di pietà e di quant'altro!! Questa sua forte emozione ha generato un gesto d'amore dalle conseguenze incredibili. Infatti ha creato intorno alla condizione di quei ragazzi un interesse più allargato che diede vita ad un'associazione per il recupero dei ragazzi di strada e il sentimento che loro hanno suscitato nel loro salvatore li ha motivati nel credere in un possibile futuro migliore. Ciò li spinge ancora oggi ad andare per il mondo ad esibirsi, donando momenti di gioia a grandi e piccoli.

Osservando il clown con la sua maschera dipinta sul viso, le labbra scolpite nella risata, i grandi occhi spalancati nello stupore infantile, ci si può rendere conto che anche ognuno di noi nella propria vita spesso indossa una maschera. Ognuno mostra ciò che è in grado di sopportare di sé e degli altri. Come il portare la maschera della persona felice rappresenta per tanti un bisogno, una motivazione che genera la spinta necessaria al raggiungimento di uno scopo.

 

Attraverso la storia di Marian possiamo scorgere motivazioni altruistiche basate sul dare possibilità di un vivere migliore, oppure motivazioni egoistiche basate su bisogni di personali gratificazioni, oppure motivazioni basate su modelli karmici tipo causa-effetto.

 

Parlare del perchè la gente fa quello che fa occorre anche considerare che esistono motivazioni legate agli istinti o tendenze a base genetica, esempio la curiosità, la bellicosità e oltre alla teoria del bisogno con la conseguente pulsione che induce il bisogno, va considerata anche quella dell'incentivo.

Infatti si può avere un bisogno senza avvertire la pulsione o l'emozione ma può accadere anche il contrario, la pulsione verso una gratificazione, un rinforzo positivo può rappresentare l'incentivo per creare il bisogno.

Ad esempio la fame: abbiamo l'abitudine a consumare 3-4 pasti al giorno pressochè ad orari prestabiliti. Ma non sempre vuol dire che a quegli orari abbiamo fame. A volte sono le abitudini sociali acquisite che funzionano di rinforzo alla fame e ci spingono a consumare cibo. Se invece rompiamo lo schema e aspettiamo lo stimolo interno ci potremmo accorgere di quali e quante sensazioni è fatta la fame. Senza considerare ttute le motivazioni psicologiche che possono spingerci a consumare cibo o a negarcelo.

 

La società in cui viviamo determina fortemente i nostri obiettivi e le nostre finalità. Nasciamo assolutamente dipendenti da altri per la nostra sopravvivenza e per la possibilità di comprendere il mondo che ci circonda ma anche quando diventiamo adulti necessitiamo di legami e relazioni con altri esseri umani e non.

Lo facciamo per un insieme di motivi:

Il bisogno di conferme,

il bisogno di reciprocità,

il bisogno di sapere che esistiamo per qualcun altro,

perchè ad un certo punto sentiamo il bisogno di condividere ideali e progetti con altri,

perchè tutto ciò che conosciamo lo conosciamo perchè altri ce lo hanno fatto conoscere.

 

Emerge il bisogno di ritrovarsi con i nostri uguali, motivazione che spinge a sentimenti quali l'amicizia, l'amore; anche quello appassionato, ovvero “quella forma intensa, incostante, spesso sessuale che è la materia prima delle cotte, delle infatuazioni che può scomparire tanto rapidamente quanto rapidamente divampa”, come citano scienziati ricercatori.

 

L'amore rappresenta di per sé la motivazione più importante della vita dell'essere umano. Ciò che dà la consapevolezza di una vita realizzata. Infatti non sempre il successo nell'ambito lavorativo può essere sufficiente per sentirsi realizzati, mentre una vita con sentimenti ben equilibrati e soddisfacenti è il segreto della cosiddetta felicità.

 

Parlare dell'amore implica parlare di funzioni superiori, nel senso che la capacità di amare non la troviamo nell'istinto, nè nel mondo emotivo, tanto meno in quello fisiologico, bensì in una capacità extra. Parlando di facoltà superiori non si può escludere la possibilità del piano spirituale inteso come mondo della fede religiosa o mistica.

 

Considerando la motivazione da questa prospettiva ci si rende conto che il discorso si colloca nel mondo di quelle funzioni creative e uniche che permettono l'intuizione nonchè l'ispirazione e in questo ambito ogni uomo è il ricercatore e l'esploratore per eccellenza.

 

Termino qui la mia dissertazione avendo avuto come motivazione il piacere di riflettere con voi su questo argomento

 

Franca Pogliani